Presidio personale sanitario e sindaci del territorio all’ospedale di Schiavonia
FP Cgil Padova: “Positivo il fatto che Ulss 6 e Regione abbiano finalmente deciso di aprire un bando per le assunzioni ma si tratta di un primo passo: ricordiamo che in campo medico, la professionalità di un comparto si raggiunge con scelte assunte in base ad una seria programmazione e non sull’onda di una perenne emergenza”
“Oltre ai disagi subìti dall’intero personale dell’Ulss 6 (a partire dalle retribuzioni più basse rispetto alle altre Ulss del Veneto) nella bassa padovana paghiamo il forte ritardo di scelte sbagliate compiute in passato di cui ancora non si vuole prendere atto”
Era presente anche una delegazione di lavoratrici e lavoratori della FP Cgil di Padova e Fp Cgil medici e dirigenti sanitari al sit-in davanti all’Ospedale Madre Teresa di Calcutta a Schiavonia a supportare le ragioni del personale e dei sindaci del territorio che lo hanno organizzato.
“Piena e completa solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori che operano all’ospedale di Schiavonia e in tutta l’Ulss 6″ . Lo fanno sapere in una nota Alessandra Stivali e Raffaela Megna della Segreteria Provinciale della Fp Cgil di Padova e Giovanni Campolieti e Giovanni Migliorini della Fp Cgil Medici e Dirigenti Sanitari che proseguono: “In un contesto già difficile causato dalla pandemia a cui si è anche aggiunto il recente attacco hacker che ha creato notevoli disagi a tutta l’Ulss 6, non ancora risolti definitivamente, il personale si è distinto per averli affrontati con un innegabile spirito di servizio e professionalità che merita solo rispetto. Uno spirito che il personale sanitario ha voluto portare al sit-in odierno: non contro qualcuno, ma a favore di un ospedale, e una sanità, capace di rispondere al meglio alle richieste di un vasto territorio come quello della Bassa Padovana.
Indubbiamente, non possiamo che giudicare positivamente la decisione di Ulss 6 e Regione di procedere, finalmente, per delle nuove assunzioni in grado di dare un po’ di sollievo al personale sanitario ma ricordiamo che però questo non risolve certo i tanti problemi sul tavolo. È noto che nel campo della sanità, la professionalità di un comparto si raggiunge con scelte assunte in base ad una seria programmazione e non sull’onda di un’emergenza che dura ormai da quasi due anni e ha assunto una dimensione cronica. Perché, non ci stancheremo mai di dirlo, certi problemi vengono da lontano, da ben prima del Covid a partire da quello davvero frustrante, per chi lavora all’Ulss 6, di avere le retribuzioni più basse di tutto il Veneto nonostante sia la più grande.
Per parte nostra, registriamo una immane fatica per riuscire a chiudere gli accordi sugli incarichi e sul risultato per la dirigenza medica e sanitaria. Accordi che, però non sembrano raggiungere gli obiettivi prefissati visti gli impietosi numeri, evidenziati dall’Osservatorio del Mercato del Lavoro di dicembre nell’ultimo rapporto di Veneto Lavoro, riguardo alle dimissioni del personale che se ne va verso altri ospedali. Un’emorragia di infermieri, medici e dirigenti che qui è più forte che altrove e su cui in Regione farebbero bene a riflettere.
Accanto a questo, che riguarda tutto il territorio dell’Ulss 6, ci chiediamo, per la bassa padovana, perché non viene aperto l’ospedale di Monselice per curare i pazienti covid? Perché il privato convenzionato non viene coinvolto per gestire la pandemia, evitando che la fetta di richiesta di salute non covid venga lasciata cadere nel vuoto, allungando quindi le liste d’attesa? Perché all’avvio delle assunzioni, la Regione Veneto non lega anche degli ulteriori incentivi fino a sbloccare risorse stabili per il personale sanitario?
Sono domande che meritano risposte. E soprattutto le meritano le lavoratrici e i lavoratori dell’Ulss.
La Regione gliele deve”.